Il libero accesso a fonti di acqua potabile e ad idonei servizi igienici è un diritto universale. Sfortunatamente, la realtà che riscontriamo ci racconta una storia diversa. Milioni di persone muoiono ogni anno per le difficoltà che alcuni Governi riscontrano nel garantire tale diritto. Il Kenya è fra questi. Molto è stato fatto da questo Governo, ma maggiori sforzi devono essere profusi
by Pietro Dionisio
Degree in Political Science, International Relations
Cesare Alfieri School, University of Florence, Italy
Acqua e Servizi Igienici: in Kenya un Miraggio per Molti
Una questione internazionale
La disponibilità adeguata di acqua potabile e di servizi igienici rappresenta un elemento basico per potere garantire un livello di salute dignitoso ad una popolazione. La mancanza di tale fornitura di servizi è alla base delle ricorrenze infettive che affliggono milioni di persone nei Paesi poveri. A farne maggiormente le spese è la fascia infantile spesso colpita da forme gravi di diarrea dovuta a mancanza di igiene o di acqua potabile; le stime parlano di circa 1,5 milioni di minori che ogni anno muoiono per infezioni correlate.
Tale questione è sentita come di vitale importanza dalla comunità internazionale. Negli ultimi anni i governi, anche dei Paesi in via di sviluppo, hanno cercato di promuovere politiche atte alla risoluzione del problema. E le Nazioni Unite, prima con gli MDGs (Millennium Development Goals), e poi con gli SDGs (Sustainable Development Goals), hanno posto un forte accento sull’argomento dimostrando come il garantire un facile accesso ad acqua potabile e opportuni servizi igienici non sia un mero esercizio retorico ma una volontà pratica e concreta.
L’interesse su tale argomento è ovvio solo prendendo in considerazione gli effetti positivi che conseguirebbero ad un impegno coerente per colmare il gap. Se i governi afflitti da questa piaga investissero nel settore, avrebbero la possibilità di recuperare l’investimento ottenendo una popolazione più sana e quindi più produttiva. Inoltre, il capitale umano a disposizione ne risentirebbe positivamente poiché i minori avrebbero la possibilità di accedere allo studio e alla frequenza scolastica, mentre la conseguente riduzione dei livelli di povertà in una popolazione più sana comporterebbe la flessione della spesa sanitaria pubblica.
Ne risulterebbero volumi di risparmio che potrebbero essere spesi in consumi interni così da produrre un ulteriore beneficio economico.
Sfortunatamente, queste prospettive non sono alla portata di tutti. Oggi, sebbene a livello mondiale il target MDG relativo all’accesso a fonti di acqua potabile sia stato raggiunto, ancora alcune regioni faticano a garantire tale diritto.
Il caso Kenya
La regione Sub-Sahariana è una di queste. In essa, solo il 68% della popolazione ha accesso ad acqua potabile, e molti Stati stentano a garantire questo diritto.
Il Kenya non è da meno. Su una popolazione complessiva di circa 47 milioni di persone, il 38% non ha accesso ad acqua potabile e il 5,3% delle morti totali è riconducibile ad infezioni contratte tramite l’assunzione di acqua contaminata o per mancanza di consoni servizi igienici. Per decenni, la scarsità di acqua è stato uno dei principali problemi del Paese. Frequenti siccità, un sistema idrico insufficiente, una deforestazione indiscriminata, la contaminazione dell’acqua a disposizione, il tutto unito ad un aumento della domanda dovuto all’incremento della popolazione, hanno fatto sì che il problema assumesse proporzioni considerevoli.
Negli ultimi quindici anni il governo Keniota ha cercato di superare il deficit ma ad oggi, sebbene qualche miglioramento sia stato ottenuto, ancora molto deve essere fatto.
Come accennato, gli sforzi promossi sono stati notevoli: ne sono esempi il “Water Act 2002” e la “Costituzione del Kenya del 2010” dove all’Art. 43.1 e all’Art. 56 si fa esplicito riferimento alla volontà di garantire a tutti l’accesso a quantità adeguate di acqua potabile e servizi igienici e sanitari.
Le politiche implementate hanno portato ad un miglioramento della situazione. I dati riferiti dal Governo Keniota affermano come dal 2008 al 2013 la proporzione di popolazione che ha accesso a fonti di acqua potabile sia cresciuta dal 59% al 62% e, sempre nel 2013, è il 55% della popolazione rurale che riesce ad approvvigionarsi a fonti di acqua sicura.
L’impegno del Governo è considerevole. Gli obiettivi che le varie strategie si propongono di raggiungere riguardano l’ottimizzazione della gestione dei lavori e dei piani di investimento, l’aumento dei fondi da destinare al settore, la promozione di interventi volti a garantire fonti idriche e igieniche per i gruppi più svantaggiati (soprattutto nelle zone rurali), e l’aumento di lavoratori formati per potere sviluppare il settore stesso e rendere le riforme sostenibili nel lungo periodo.
Oltre a questo, il Governo Keniota è impegnato nella costruzione di un serie di dighe così da incrementare l’approvvigionamento idrico mediante progetti quali, ad esempio, il “Background-Badasa Dam Project”, il “Maruba Dam Project”, il “Chemususu Dam Project” e il “Umaa Dam Project”.
Questi progetti fanno seguito al “Mwache Multipurpose Dam Project” del 2014 le cui finalità sono molteplici. L’obiettivo principale è la costruzione della diga, quale prerequisito per la realizzazione di infrastrutture idonee a migliorare la fornitura di acqua e servizi igienici nelle contee di Mombasa e Kwale, e per l’ottimizzazione dell’intero sistema di irrigazione locale.
Una agenda da ampliare
Nonostante tutti gli sforzi profusi, non è ipotizzabile che un Governo possa considerarsi soddisfatto se il 38% della sua popolazione ancora non ha accesso ad acqua potabile e ad appropriati servizi igienici. Purtroppo la realtà del Paese ci racconta una storia dove gli investimenti nel settore non possono assolutamente ritenersi sufficienti e dove il gap tra offerta di fondi e la domanda fa sì che ci sia più di un dubbio circa il mantenimento dei servizi esistenti. Tali presupposti ci possono solo fare immaginare le problematiche che il Governo incontra per l’implementazione di nuovi progetti!
Al fine di garantire un miglioramento del persistente deficit attuale alcune misure sarebbero richieste. Un maggiore coinvolgimento della comunità internazionale potrebbe garantire fondi più consistenti. L’apporto congiunto di politiche più chiare e di una strategia più definita, renderebbe il miglioramento del settore un obiettivo realmente conseguibile.
In aggiunta, il sistema di valutazione e monitoraggio dovrebbe essere rafforzato al fine di realizzare efficaci politiche di intervento ad hoc.
Nel contempo dovrebbero essere poste in atto permanenti campagne informative per la popolazione al fine di infondere consapevolezza sui rischi connessi alla assunzione di acqua non potabile.
In conclusione, se i progressi conseguiti ad oggi dal governo Keniota, certamente considerevoli, fanno ben sperare per il futuro, è chiaro che ulteriori energie devono essere profuse affinché il libero accesso ad acqua potabile e a servizi igienici, quale diritto inalienabile di ciascuno, sia davvero garantito!